Territorio

Diario di un brutto anatroccolo di Factory compagnia transadriatica in “scena” a Hong Kong

Ancora una prestigiosa tappa internazionale per lo spettacolo Diario di un brutto anatroccolo della salentina Factory compagnia transadriatica coprodotto da Tir Danza e Fondazione Sipario toscana per la regia di Tonio De NittoDall’8 al 31 marzo lo spettacolo è ospite della piattaforma del No limits – Inclusiveness through the Arts 2021, festival promosso da Hong kong Arts Festival (www.nolimits.hk/en/diary-of-an-ugly-duckling).

Una lunga permanenza digitale che sostituisce quella che negli stessi giorni, avrebbe realmente portato a Hong Kong con tantissime recite, la compagnia leccese. No limits è un Festival davvero innovativo e accessibile con formule di spettacolo attente all’inclusione. Alle compagnie vengono richieste recite ordinarie e alcune recite speciali “relaxed performance” che creano un’atmosfera più accogliente per esempio per bambini affetti da autismo, attraverso particolari accorgimenti che includono la regolazione di luci e suoni, una zona chill-out dedicata, situata fuori dalla sala teatrale, per chiunque abbia l’esigenza di lasciare lo spettacolo durante il suo corso. 

Lo spettacolo Diario di un brutto anatroccolo, in quasi 4 anni di tour ha affrontato una ricchissima tournée nazionale e ottenuto il successo delle tappe internazionali al Kotor Festival of Theatre for Children in Montenegro (Premio della Giuria e Premio miglior interprete a Francesca De Pasquale) e i 7 premi più prestigiosi al Festival di Hamedan in Iran, è stato invitato in Spagna per inaugurare la Mostra de Igualada – fira de teatre infantil i juvenil e poi a Barcellona, Bilbao, Vitoria, Bucarest. Tantissime le tappe annullate dalla pandemia, tra queste Francia  (Montargis, Venelles)  Spagna (Saragoza, Bilbao), Brasile (San Paolo, Londrina, Curitiba), Lituania, Russia e Svizzera. Di recente, per l’editore modenese Cue Press è uscito il volume Cross the Gap – attraversamenti nel teatro del possibile con Factory compagnia transadriatica a cura di Maria Chiara Provenzano in cui tra le varie esperienze dedicate al teatro e disabilità della compagnia, si racconta anche la genesi e l’eco di questo fortunato spettacolo.

Nello spettacolo “Diario di un brutto anatroccolo” si gioca con leggerezza e creatività a trasformare piccoli elementi contemporanei per evocare ogni singola situazione della fiaba, attraverso le musiche originali composte da Paolo Coletta che reinterpreta Tchaikovsky assieme alla collaborazione al movimento coreografico di Annamaria De Filippi, alle luci di Davide Arsenio, ai costumi di Lapi Lou e alle scene di Roberta Dori Puddu. Sul palco Ilaria Carlucci, Luca Pastore, Fabio Tinella e Francesca De Pasquale, attrice e ballerina con la sindrome down. “Diario di un brutto anatroccolo” coniuga il teatro e la danza a partire da un classico per l’infanzia di Andersen. Uno spettacolo attraverso il quale Factory, dopo una “Cenerentola” lontana dagli stereotipi e la Caterina protagonista scomoda e non allineata de “La bisbetica domata” di Shakespeare, continua l’indagine sul tema della diversità/identità e dell’integrazione attraverso un linguaggio semplice ed evocativo. Un anatroccolo oltre Andersen che usa la fiaba come pretesto per raccontare una sorta di diario di un piccolo cigno, creduto anatroccolo, che attraversa varie tappe della vita come quelle raccontate nella storia originale, e compie un vero viaggio di formazione alla ricerca di se stesso e del proprio posto nel mondo e alla scoperta della diversità come elemento qualificante e prezioso. La nascita e il rifiuto da parte della famiglia, la scuola e il bullismo, il mondo del lavoro, l’amore che arriva inatteso e che presto può scomparire anche per cause esterne non riconducibili a noi, la caccia e poi la guerra come orrore inspiegabile agli occhi di chiunque, tappe di un mondo ostile, forse, ma che resterà tale solo sino a quando il nostro “anatroccolo” non sarà in grado di guardarsi negli occhi e accettarsi così come è, proprio come accade al piccolo anatroccolo della fiaba di Andersen che specchiandosi nel lago scopre la propria vera identità. Non bisogna nascondere le cicatrici accumulate nella vita, perché possono e devono invece diventare il nostro tesoro.