Si parte mercoledì 3 novembre (ore 20:30 – ingresso gratuito) con “Ci sveglieranno all’alba“, spettacolo sul diritto all’abitare della compagnia bolognese Sa.Ma. per la regia di Reina Saracino in scena con Agata Marchi, semifinalista al Premio Scenario Periferie 2019. Tempo e luogo indefinito, certamente prima e dopo l’accadimento di un fatto importante. Alfa e Beta attendono qualcosa, o forse l’arrivo di qualcuno. Alfa e Beta vivono il loro tempo in apnea restituendo allo spettatore la soffocante e sconcertante immersione in quel preciso stato emotivo reiterato e logorante che è il non agire. Alfa e Beta raccontano la condizione dello stare sott’acqua o molto in alto solo appesi ad un filo, precari, fragili che si scontra con la naturale esigenza di sopravvivere. Alfa e Beta sono abitanti di uno spazio vuoto, dimenticato, abbandonato, immobile eppure pieno di cose. Alfa e Beta sono corpi della stessa anima, due anime nello stesso corpo, sono uno sono due, sono tanti, poco importa, fanno risuonare mille voci e mille volti, anni e secoli, piccole tane di miliardi di insetti, di topi e centinaia di scarpe rimaste appese. «La maggior parte di noi ha una casa, ci sembra normale, scontato. Nella realtà, però non è per tutti così. A partire da esperienze reali vissute dalle interpreti in situazioni di autonomia e occupazione, vicinanza a storie di sfratto e emergenza, è nata l’esigenza di esplorare questo tema a livello artistico ma soprattutto antropologico», sottolinea la regista. «Durante la ricerca abbiamo raccolto materiale quali interviste e testimonianze dalle quali sono nati i testi e la scrittura scenica. Il parallelo tra il nostro lavoro di ricerca (le interviste, la collaborazione con collettivi anarchici e autonomi, storie di occupazione attuali e del passato, il lavoro costante con i giovani nelle scuole e nei luoghi occupati) e i classici (“Antigone” di Sofocle, “Gli Uccelli” di Aristofane e “Aspettando Godot” di Beckett) è stato suggestione e approdo di un lavoro che da tempo stava germogliando dentro di noi. Il fulcro è l’eterno scontro antropologico cultura/natura, uomo-animale (topo/tana, uccello/nido) o quello sofocleo dell’Antigone ovvero legge contro morale: Antigone dichiarerà di aver preferito essere fedele “alle leggi non scritte, ma infallibili degli dei” piuttosto che a quelle stabilite dagli uomini».
Venerdì 5 novembre (ore 20:30 – ingresso gratuito), infine, Estudio & Piccola Città Teatro di Napoli con “CA/1000” di Luisa Corcione con Noemi Francesca, vincitore del Roma Fringe Festival 2021. Lo spettacolo racconta la storia di un’anima rappresentando i momenti salienti della vita di Camille Claudel, artista di fine 800, dall’arrivo in manicomio a Monfavet fino alla sua “uscita” vittoriosamente perdente. Nelle sue opere, Camille Claudel è riuscita a scolpire l’animo umano, cogliendone la bellezza ma anche la crudezza e tutti quegli aspetti di cui solitamente non si vuole parlare. Gli elementi che accompagnano il personaggio di Camille in Ca/1000 sono rappresentati dal sonoro delle voci, che vengono percepite ora come una presenza assordante, ora come un tenero ricordo; da dipinti che rappresentano le compagne di viaggio di Camille (le “internate” del manicomio) che l’hanno accompagnata per trent’anni della sua esistenza, e da sculture. Si mette in scena il coraggio di Camille, la forza che l’hanno resa profonda ed autentica, ma anche logorata e ‘pazza’. Dopo l’abbandono di Rodin, Camille ha lottato moltissimo per affermare il suo talento in un periodo in cui la scultura era ancora appannaggio maschile; ha ceduto alla fine per le contingenze economiche insuperabili per una donna sola di quell’epoca. In Ca/1000 le vicende dell’esistenza personale e gli esiti dell’opera sono inestricabilmente mescolati e fusi nel comune fallimento. Molte delle sculture presenti in scena sono il suo diario, il grido disperato di un’anima che passa dalla felicità di un tormentato rapporto d’amore e quello che la legò per alcuni anni a Rodin, fino al rancore e alla rêverie di cui non è stato e mai potrà essere. «Mettiamo in scena l’esaltazione amorosa, l’illusione della felicità e delle promesse di fedeltà, dell’abbandono, del risentimento, della solitudine estrema, dell’amara consapevolezza di una ferita che mai potrà rimarginarsi. A lei fu data la dolorosa capacità di “dare forma alle proprie visioni interiori, di strappare all’ignoto che ci abita – “il salvame” del “nostro intimo” di cui parla Rilke nelle Elegie duinesi – brandelli di verità, di vedere più nitidamente ciò che altri potevano solo superficialmente intuire. Perché sono, le sue opere, sofferenza pagata», scrive Luisa Corcione nelle note di regia.
La compagnia Astràgali Teatro nasce nel 1981 a Lecce per fare teatro, per formare attori, per dare vita ad uno spazio di circolazione dei discorsi e delle pratiche. Riconosciuta dal 1985 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come compagnia teatrale d’innovazione, dal 2012 è sede del Centro Italiano dell’International Theatre Institute dell’Unesco ed è membro dell’Anna Lindh Euro-Mediterranean Foundation for the Dialogue between Cultures. Ha realizzato progetti artistici, spettacoli, attività in circa 30 paesi in tutto il mondo. Nel corso di questi anni numerosi spettacoli hanno trovato casa in molti luoghi si grande interesse culturale in Italia e all’estero, anche in siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.