Giovedì 31 marzo (ore 20:30 – ingresso 5 euro) nella sede della compagnia salentina in via Giuseppe Candido a Lecce in scena “Io ti cielo – Frida Kahlo” di e con Aurelia Cipollini. Uno spettacolo che ripercorre la vita di una delle più grandi pittrici del Novecento sullo sfondo del Messico rivoluzionario. Scatti di un’esistenza tormentata, passionale, violenta; di una donna folle, dolcissima e innamorata della vita. “È lecito inventare dei verbi nuovi? Voglio regalartene uno: io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente per amarti senza confini”, diceva l’artista. Lo spettacolo – liberamente tratto dalla biografia firmata nel 1983 dalla storica dell’arte Hayden Herrera per la casa editrice HarperPerennial e tradotta in Italia da Maria Nadotti per Neri Pozza – vedrà sul palco anche il cantautore Massimo Donno (voce e chitarra) e il percussionista Francesco Pellizzari. La voce registrata è di Tomàs Acosta. Nata nel 1907 a Coyoacan, un sobborgo di Città del Messico, Frida “sembra un personaggio uscito dalla penna di Gabriel García Márquez: piccola, fiera, sopravvissuta alla poliomielite a sei anni e a un brutto incidente stradale a diciotto che la lascerà invalida, con tremendi dolori alla schiena che la perseguiteranno fino alla morte”, si legge nelle note di copertina della traduzione italiana della biografia scritta da Hayden Herrera. “Nella vita privata e nella produzione artistica, Frida è combattuta tra due anime: il candore, da un lato, e la ferocia, dall’altro; la poeticità della natura contro la morte del corpo. La vita di Frida è un viaggio che affonda nella pittura tradizionale dell’800, nei retablos messicani, in Bosch e Bruegel, ma che subisce prepotentemente il fascino degli uomini più potenti del suo secolo: come il muralista Diego Rivera (marito fedifrago che le rimarrà accanto fino alla fine) o Trockij (di cui diverrà l’amante) o Pablo Picasso (che un giorno, al cospetto del marito, disse: «né tu né io sappiamo dipingere una testa come Frida Kahlo»)”. L’artista morì di embolia polmonare a 47 anni nel 1954. Fu cremata e le sue ceneri sono conservate nella sua Casa Azul, oggi sede del Museo Frida Kahlo.
Domenica 3 aprile (ore 20:30 – ingresso 5 euro) ad Astràgali Teatro, per la Giornata mondiale dei Rom, sinti, caminanti (che si celebra l’8 aprile) appuntamento con “Ròma – suoni, parole, tamburi della cultura rom”, spettacolo-concerto sui canti e sulle narrazioni della cultura Rom a cura di Astràgali Teatro e Claudio Cavallo Giagnotti, leader dei Mascarimirì. Un viaggio in cui si incontrano parole, suoni e visioni per dire della bellezza e della forza di una tradizione e di una lingua sconosciute, spesso violentate da pregiudizi e ostilità. Storie e canti romanì si dipanano con la segreta speranza di sconfiggere il pregiudizio e favorire la conoscenza di una cultura straordinaria e ricchissima. In Ròma le musiche di Claudio Cavallo Giagnotti si intrecciano al tessuto di parole curato da Fabio Tolledi e alle video-proiezioni di immagini inedite, tratte dalla ricerca condotta tra le famiglie Rom del Salento. Lo spettacolo è infatti il frutto della collaborazione tra Astràgali Teatro, compagnia teatrale pugliese impegnata da anni in un lavoro di ricognizione e ricerca delle culture mediterranee e del vicino oriente, e Claudio ‘Cavallo’ Giagnotti, musicista di origini Rom che ha fatto della ‘tradinnovazione’ la cifra più propria e innovativa della sua ricerca musicale. Alle origini di Ròma vi è il lavoro di scavo condotto da Cavallo sulle origini e sulla storia della sua famiglia, divenuto ben presto un percorso di riscoperta delle radici sociali, economiche, culturali e artistiche delle famiglie Rom salentine. Riscoperta delle radici e, al contempo, del rapporto con il territorio intorno fatto di intrecci, ibridazioni, accettazione e rifiuto. Una vicenda straordinaria, le cui tracce vivissime arrivano intatte fino a noi. «Dal 2008 fino ad oggi abbiamo raccolto immagini, video, emozioni, racconti di persone straordinarie che hanno fatto la storia senza essere menzionati nella Storia», sottolinea il musicista. «Sono rimasti nell’ombra senza rivelarsi perché le loro origini sono Rom. Abbiamo raccolto queste persone, le loro storie, la loro energia all’interno di uno Stato immaginario che abbiamo chiamato Gitanistan, dove sono caduti i luoghi comuni, dove la verità ha rotto le bolle di sapone che avevamo davanti agli occhi. Da lì è cambiata la nostra percezione della realtà», prosegue.
Mercoledì 6 e giovedì 7 aprile (ore 20:30 – ingresso 5 euro) sempre sul palco di Astràgali Teatro a Lecce, la compagnia salentina mette in scena “Medea, Desìr“, spettacolo scritto e diretto da Fabio Tolledi (direttore artistico della compagnia, presidente del centro italiano e vicepresidente della rete mondiale dell’International Theatre Institute dell’Unesco) con Roberta Quarta, Simonetta Rotundo, Matteo Mele e Samuele Zecca. Il mito non è semplicemente una storia, semmai è un infinito intreccio di storie. Per questo il mito è poesia. Questa molteplicità di storie rende il mito qualcosa di vivo, da scoprire, da interrogare, da svelare e rivelare. Medea è una storia che si moltiplica nei secoli. Christa Wolf, Ovidio, Apollonio Rodio, Euripide, Jean Anouilh, Franz Grillparzer, Corrado Alvaro, Corneille, Seneca, Quinto Ennio assieme a molti altri scrittori, musicisti, pittori hanno alimentato questo mito molteplice di una donna straniera. «La nostra scrittura teatrale si muove su alcuni piani: Medea è donna, straniera e selvaggia, creatura altra che resiste e ama. Ama al di là di ogni valore, al di là di ogni morale. Resiste e sfugge al potere, regina adolescente a cui tutto si può chiedere, depositaria di un sapere profondo e antico», sottolinea Fabio Tolledi. «La radice del suo nome, med, richiama la parola medicina. Il pharmakon che cura e avvelena. Che può salvare e uccidere. Radice del venenum, di qualcosa che trasforma e muta. Medea, scacciata e bandita dal potere, stigma della donna selvaggia, rivendica il solo orizzonte che incrina e mette in crisi il potere: il desiderio. Medea ama, Medea ama l’amore, Medea vive nel desiderio che prende e dona forma alla vita».
Giovedì 14 aprile (ore 20:30 – ingresso 5 euro) appuntamento a Lecce con “Il cantico dei cantici per lingua madre” di Astràgali Teatro ed Ensemble Montesardo, scritto e diretto da Fabio Tolledi. Tra i testi più misteriosi e segreti della tradizione sapienziale, presente nella Bibbia ebraica e cristiana, “canto assoluto d’amore e di conoscenza”, il Cantico (in ebraico Shir hashirim, in latino Canticum canticorum) già nel nome dice il suo essere il più sublime di tutti i canti, il suo adagiarsi tra le nuvole. Fabio Tolledi (attore, regista, autore, direttore artistico di Astràgali Teatro, vice presidente per l’Europa del network mondiale e presidente del Centro Italiano dell’International Theatre Institute – Unesco) traduce e reinterpreta il testo poetico, attribuito al Re Salomone, in una lingua madre neo-salentina. In scena, le attrici Roberta Quarta e Simonetta Rotundo sono accompagnate dalle musiche eseguite dall’Ensemble Montesardo, coordinato dal Maestro Luca Tarantino (tiorba) e composto dal soprano Ludovica Casilli, dal mezzosoprano Kairi Kosk e Livio Grasso (tiorba). «Ogni anno scompaiono nel mondo oltre 20 lingue madri, una ogni due settimane. Di questo passo nell’arco di un secolo la metà delle 5mila lingue che si parlano oggi sulla terra saranno estinte», sottolinea Fabio Tolledi. «Le parole vivono e muoiono come gli esseri naturali e quando una lingua sparisce non si perdono solo i testi ma muore un modo di comprendere la natura, di ragionare, di percepire il mondo, di metterlo in parole, di dire l’amore. La traduzione del più grande poema d’amore mai scritto, il Cantico dei Cantici, in una lingua madre che abbiamo chiamato neo-salentino va esattamente nel senso opposto: ritrovare una lingua e, insieme, il mondo che in questa lingua dimorava. Diciamo l’amore, la morte, il desiderio, l’illusione, lo smarrimento, tutte figure presentissime nel Cantico, in una lingua arcaica e potente. Una lingua dove il suono è più forte e avvolgente del senso». Lo spettacolo è anche un libro/cd prodotto da Astràgali Edizioni – Eufonia Multimedia con il sostegno della Regione Puglia (Art 8, LR 12.2005 – Iniziative per la pace e per lo sviluppo delle relazioni tra i popoli del Mediterraneo).
Mercoledì 20 e giovedì 21 aprile (ore 20:30 – ingresso 5 euro) la rassegna
“Teatri a Sud” prosegue ad Astràgali con “La rosa bianca“, coproduzione con Diaghilev. Un intreccio affascinante sul profondo legame tra musica e poesia con i suoni di Mauro Tre (piano), Marco Girardo (batteria), Stefano Rielli (contrabbasso) e le voci di Roberta Quarta e Fabio Tolledi. Legame antico, sotterraneo e mai abbastanza esplorato. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso molti poeti si sono misurati con questa modalità sempre attuale. Pasolini, Fortini, Calvino, Sanguineti, hanno fornito le parole a cui compositori importanti come Fiorenzo Carpi, Pietro Umiliani, Carlo Rustichelli hanno dato la musica. Il mondo della canzone pop ha, dal canto suo, immediatamente aderito con interpreti e autori del calibro di Domenico Modugno, Sergio Endrigo, Fabrizio De André, Enzo Jannacci. Questo percorso ha trovato ancora più forza nella pratica del teatro canzone, partendo dalla nascita del cabaret italiano. Dall’esperienza di Canta Cronache al teatro di Dario Fo, dalla ricerca del Canzoniere Italiano al lavoro di revival del folklore italiano che ancora oggi determina – anche nel territorio salentino – una forma vivace di ricerca e di esplorazione poetica. Non ultimo è da segnare la ricerca del sound del jazz italiano, che ha trovato in questo ambito una vitalità straordinaria ed un ulteriore terreno di sviluppo.Giovedì 28 aprile (ore 20:30 – ingresso 5 euro), la compagnia “Therasia il garage delle arti” mette in scena ad Astràgali “Il Cantico Spirituale (Sono io la tua sposa)“, adattamento da San Juan de la Cruz di e con Davide Morgagni (assistenti alla regia Valentina Sciurti ed Elisa Tondo). Il Cantico Spirituale segna l’apice dell’armonioso squilibrio tra l’esperienza mistica e l’espressione poetica di San Juan de la Cruz – San Giovanni della Croce (1542-1591). Considerato fra i maggiori poeti in lingua spagnola, scrisse il poemetto Il Cantico Spirituale nel 1584, egloga tra la Sposa (l’anima) e lo Sposo (il corpo di Gesù) libera riscrittura dal Cantico dei Cantici, in un’epoca in cui era proibito tradurre la Bibbia in lingua volgare. “Dottor estatico”, Gran riformatore dell’Ordine Carmelitano e confessore di Santa Teresa D’Avila, “Il piccolo Seneca”, così da lei soprannominato, fu santificato nel 1726 e accolto nel 1926 tra i Dottori della Chiesa. Il Cantico Spirituale è la rivoluzione della mistica teresiana.
Info, programma e prenotazioni
3892105991 – teatro@astragali.org – www.