“Voci di Uragani, voci di Donne. Analisi linguistica di un corpus epistolare biscegliese”. E’ il lavoro che ha sviluppato presso l’Università del Salento la neo laureata magistrale Cristina De Blasi di Alezio. Una analisi linguistica condotta con il suo relatore, il docente e linguista Marcello Aprile. Un progetto che ha portato a qualcosa di sensazionale, ovvero la scoperta di ben 11 lettere di internate di cui nessuno era a conoscenza e che ha colto di sorpresa anche gli stessi dirigenti dell’ex manicomio di Bisceglie, oggi struttura assistenziale “Opera Don Uva”, presso la quale è stata svolta la ricerca. Una attenzione, quella verso i più deboli, che è stata sempre una delle prerogative della neo dottoressa, che al termine del percorso di studi Triennale presentò una tesi sulla disabilità nel mondo romano. Ma da dove nasce il nuovo progetto? Dalla perdita dell’amica più cara a cui il lavoro è stato dedicato e della fortissima passione per la linguistica. La tesi infatti è una vera e propria analisi scientifica, una indagine che riguarda il linguaggio delle internate secondo una prospettiva diacronica per mettere in evidenza l’evoluzione della lingua nel tempo. Una ricerca condotta attraverso tappe ben precise. Innanzitutto l’indagine delle cartelle cliniche del settore femminile psichiatrico dell’ex manicomio che ha abbracciato un arco temporale che va dagli anni ’30 fino agli anni ’70 e che ha portato alla scoperta delle 11 missive con tutta l’emozione che comporta un tale rinvenimento. Successivamente la neo dottoressa ha indagato il linguaggio delle internate per mettere in luce le caratteristiche della scrittura manicomiale femminile e arrivare a proporre un “tipo linguistico”. Ma cosa si può evidenziare in queste missive? Innanzitutto che le lettere rappresentano una sorta di letteratura popolare, molto simili per i numerosi tratti di italiano popolare alle lettere dei prigionieri di guerra oltre alla presenza di tematiche di forte interesse, tra queste, la donna “fuori dai ruoli”, motivo che molto spesso portava all’internamento e le differenze con il “tipo” manicomiale maschile, che per ovvi motivi tralascia argomenti come la maternità, la gravidanza e il parto. Un progetto che parte dall’ambito linguistico e che arriva ad abbracciarne altri. Ad esempio muovendo dal linguaggio lacrimevole e ricco di nostalgia la neo dottoressa ha voluto indagare l’influenza della malattia sul linguaggio e sulla scrittura allo scopo di comprendere se le internate fossero realmente malate. Il lavoro, fresco e che apre le porte ad ulteriori approfondimenti, è stato già citato in un importante convegno che si è svolto presso l’Opera Don Uva a Bisceglie lo scorso novembre e la neo dottoressa non ha intenzione di mollarlo: “Il lavoro di ricerca linguistica è una mia passione da sempre” – commenta la neo dottoressa, che continua: “Attraverso gli strumenti acquisiti nel mio percorso di studi vorrei continuare le ricerche presso archivi e far emergere altre lettere per sottoporle ad approfondite analisi. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato al mio progetto, è stato davvero emozionante”.