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“Shades of Israel”: presentato in conferenza a Bari il trittico di mostre tra Lecce, Trani e Polignano a Mare

Il Palazzo della Giunta Regionale ha ospitato questa mattina la conferenza di presentazione di “Shades of Israel”, un trittico di mostre tra Lecce, Trani e Polignano a Mare create per rafforzare ancor di più il legame instaurato tra la Regione Puglia e Israele.

Con esse, si inaugura nuovo periodo di mostre ed eventi collaterali che rilancia il rapporto instauratosi dal 2021 grazie alla preziosa collaborazione di Pugliapromozione e del Museo Ebraico di Lecce nell’ambito del FESR, ancora protagonisti di questo percorso per continuare a sviluppare e promuovere il già consolidato ponte culturale, commerciale e turistico tra Italia e Israele.

Si comincia da Lecce martedì 3 ottobre, ore 17.00 anteprima stampa, con  “My Altneuland”, collettiva di dieci artisti israeliani contemporanei rappresentanti le diverse voci, religioni e identità di Israele. Si prosegue il giorno successivo, mercoledì 4 ottobre, con l’inaugurazione a Trani, presso il Castello Svevo, di “Ludmilla”, personale di Maria Saleh, artista arabo israeliana-ucraina, vincitrice nel 2023 del premio Rapoport come miglior artista israeliana dell’anno. Infine, giovedì 5 ottobre, la Fondazione Pino Pascali a Polignano inaugurerà “Terra Infirma”, personale di Tsibi Geva, tra più importanti artisti israeliani contemporanei, che ha rappresentato Israele nel corso della Biennale di Venezia del 2015. Tutte le mostre saranno inaugurate alle ore 18.00, in parallelo, nel corso della settimana di Sukkot – la Festività ebraica delle Capanne – festa che ribadisce il valore dell’amicizia e della solidarietà, rappresentata dall’incontro sotto la capanna, metafora della convergenza tra arte e cultura. E, soprattutto, dello stretto legame culturale, commerciale e diplomatico tra Italia e Israele, raccontato, in tutte le sue sfaccettature, da questi 12 grandi artisti israeliani.

Allieteranno le mostre l’arpa di Eleonora Carbone con la degustazione dei vini di Cantine Leuci e Melograni Martino.

In conferenza sono intervenuti Luigi De Santis, Console onorario di Israele, Fabrizio Lelli, Direttore Museo Ebraico di Lecce e Fiammetta Martegani, Curatrice del progetto.

A cura di Fiammetta Martegani, già curatrice della mostra “A very narrow bridge” che lo scorso anno ha riscosso un grande successo di critica e pubblico al Museo Ebraico di Lecce, quest’anno si propone un percorso di arte israeliana contemporanea itinerante che toccherà tre città e i loro relativi musei per sei mesi: «Cominciamo dalla fine per arrivare all’inizio: la fine è il 5 ottobre, quando inaugurerà la terza delle 3 mostre che aprono questa settimana, la settimana di Sukot, ovvero la Festa delle Capanne, durante la quale il popolo ebraico si riunisce sotto una capanna di palme, come un tempo avveniva nel deserto, per celebrare il valore dell’amicizia e della fratellanza.

Come quella, oggi, tra Israele e Puglia.

È una storia di amicizia millenaria, tra questi due grandi popoli del Mediterraneo, che si riflette anche nelle 3 mostre che inaugureranno a partire da domani.

Ogni mostra ha una sua storia, dal giorno in cui viene concepita al giorno in cui viene realizzata. In questo caso le mostre sono 3, come 3 sono gli anni di ormai consolidata collaborazione tra Regione Puglia, Pugliapromozione, e il Museo Ebraico di Lecce».

Segue l’intervento del professor Fabrizio Lelli«Tra passato e presente, con uno sguardo al futuro. Il Museo Ebraico si interroga sul senso della storia, intesa come risultato dell’attività di popoli e culture diversi che, con i loro contributi, hanno dato vita a ciò che siamo e hanno orientato i nostri percorsi. Lo sguardo al passato è alla base della realizzazione della carta della Puglia ebraica: attraverso itinerari mirati i viaggiatori attenti potranno capire la multiculturalità della Puglia odierna ricercando i nuclei ebraici antichissimi del territorio. La mostra su più sedi “My Altneuland” illustra attraverso l’arte la stessa ricerca di un’identità frutto di contributi di culture diverse nella “antica-nuova” Terra d’Israele».

 

«Anche quest’anno si rafforza il ponte con Israele coinvolgendo, però, l’intera Puglia andando a valorizzare non solo la presenza ebraica sul nostro territorio ma anche l’aspetto culturale che ci contraddistingue ospitando le mostre in contenitori di pregio quali il Museo Ebraico di Lecce, Il Castello Svevo di Trani e la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare – hanno poi affermato Michelangelo Mazzotta e Francesco De Giorgi, CEO del Museo Ebraico leccese – Un modo, quindi, per mettere in rete cultura e arte contemporanea».

Nel corso di tutti e tre gli eventi saranno presenti 3 influencer israeliane Nadia Ellis, Shani Julia Greenberg e Adi Hanna Greenberg che, insieme agli artisti coinvolti, faranno ambasciatori del progetto e della Regione Puglia, sia attraverso i social – durante il periodo in cui saranno in visita in Puglia – sia, una volta rientrati in Israele, restituendo la propria esperienza presso l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, in una serata in cui, oltre a venir raccontato l’intero progetto, verranno anche mostrate immagini e video della Puglia e del ruolo fondamentale di Pugliapromozione.

Le tre mostre:

My (Alt) Neuland al Museo Ebraico di Lecce

 

Nel 1902 Theodor Herzl, il visionario ideatore dello Stato di Israele, pubblicava un’opera rivoluzionaria, scritta in tedesco, la sua lingua madre: Altneuland, letteralmente “L’antica nuova terra”.

In questo manifesto quasi premonitore, il padre del sionismo moderno illustrava con afflato pionieristico la sua visione politica laica e democratica di uno Stato per il popolo ebraico nella Terra di Israele, sottolineando il valore irrinunciabile di una società aperta.

A 120 anni dalla pubblicazione di questo straordinario manifesto politico e culturale, 10 artisti israeliani, che rappresentano i diversi volti di Israele, si interrogano attraverso la loro arte sulla loro visione di Israele, oggi, anche alla luce della complessa situazione politica che attraversa il Paese.

Ciascuno di loro, utilizzando tecniche diverse, e portando con sé una vision diversa, contribuisce a costruire My Altneuland, un percorso espositivo che si propone di rappresentare il complesso mosaico di Israele oggi, e di come potrebbe essere, attraverso uno sguardo utopico come quello del grande visionario dello Stato di Israele.

Partecipano alla mostra

Paul Curran

Alon Gaash

Dina Goldstein

Colette Leinman

Noa Klagsbald

Lenore Misrachi Coen

Tamara Moyal

Ruth Noam

Addam Yekutieli

Videoart and music soundscape: “Theodor” by Israeli Opera of Tel Aviv

 

Tsibi Geva – Terra Infirma alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare

Con quasi 50 anni di consolidata carriera internazionale, Tsibi Geva è uno degli artisti israeliani più influenti su scala mondiale, che ha esposto e rappresentato Israele in tutto il mondo, incluso il padiglione israeliano alla Biennale di Venezia, nel 2015.

Il corpus di queste opere si concentra interamente su ciò che Geva crede sia la struttura fondamentale della sua pittura, il fondamento stesso di ciò che vede mentre cammina e che lo ispira nel dipingere: dalle piastrelle a “terrazzo” agli scorci ipnotici dei modelli urbani mediterranei degli edifici intorno a lui.

Nato e cresciuto nel kibbutz Ein Shemer, figlio di uno dei più importanti architetti israeliani – Yaacov (Kuba) Geber, uno dei maggiori esponenti del Bauhaus – Geva è un pittore con una storia significativa alle spalle.

Gli elementi che per eccellenza costituiscono la società israeliana e i suoi percorsi locali sono sempre stati uno schema dominante in tutte le sue opere.

Nel processo di crescita artistica, l’influenza del padre architetto rende l’ossessione del vedere e comprendere la struttura un aspetto preminente nella sua educazione visiva.

In questa mostra, realizzata appositamente per il Museo Pino Pascali di Polignano, Geva riunisce la sua visione universale del mondo, con un tocco molto mediterraneo come lo a stile “terrazzo”, tipico sia dell’architettura israeliana che di quella italiana.

Il “terrazzo”, infatti, nel mondo di Geva non risulta solo una tecnica stilistica, ma anche uno stato d’animo, che permette all’artista, così come all’osservatore, di perdersi in una stratificazione, una terra infirma, di pratiche e di sentimenti.

La narrazione in questi dipinti astratti lavora sullo sfondo, nel subconscio del dipinto e di chi lo osserva e, proprio qui, si coglie il senso di una pittura in cui, come in tutta l’opera di Geva, il soggetto è lasciato libero, la turbolenza diventa docile e screziata, decadente e ribaltata, strato su strato, in un processo che presuppone essere infinito.

Poiché la pittura di Geva è qualcosa in continua evoluzione, un interrogativo che va e viene, continuamente fuori fuoco: una pittura che rivela tracce e movimenti del pensiero: la Terra infirma dell’artista e del nostro mondo contemporaneo.

Maria Saleh Mahameed, Ludmilla, al Castello Svevo di Trani

Maria Saleh Mahameed (Um El Fahem, Israele, 1990, -) vive e lavora a Ein Mahel, Israele.

È un’affermata artista araba-israeliana che ha esposto le sue opere in Israele e all’estero, nelle gallerie e nei musei più importanti.

Quest’anno ha vinto il Premio Rappaport del Museo d’Arte di Tel Aviv come miglior talento tra i giovani artisti israeliani.

In occasione dello splendido sito offerto dal Castello Svevo di Trani, presenta “Ludmila”: un’opera di grandi dimensioni, a carboncino su tela.

La complessa identità dell’artista in termini di nazionalità, religione, cultura, maternità e ricordi, collocati assieme a una parte della storia della sua vita, sono tutti incarnati in questa enorme opera lunga 11 metri.

L’opera ritrae il primo incontro di sua madre, Ludmila, con la città di Um El Fahem, una delle più grandi città arabe in Israele, dove Saleh Mahameed è nata e cresciuta.

Ludmila, ucraina di religione cristiana, è nata a Kiev, dove ha conosciuto per la prima volta il padre di Saleh Mahameed – palestinese di religione musulmana – con cui ha deciso di trasferirsi in Israele.

Quest’opera è il primo capitolo di una serie dedicata alla storia della famiglia dell’artista.

Come nel processo della memoria, anche nel racconto di questa storia non si assiste a una narrazione di tipo lineare, ma a una raccolta fluida di immagini in cui i paesaggi dell’Unione Sovietica si fondono con quelli del Medio Oriente, con motivi che vanno dagli ulivi palestinesi a Misha, l’orso mascotte delle Olimpiadi di Mosca del 1980.

Come nella maggior parte delle opere dell’artista, il carboncino nero – materiale tipico di Um El Fahem, che in arabo significa “madre del carbone” – crea un’espressività intima e viscerale, rivelando allo spettatore il contatto diretto delle dita dell’artista sulla tela.

“Ludmilla”, infatti, è anche un lavoro sulla maternità e sulle relazioni intergenerazionali, ambientato in diversi luoghi del mondo e segnato dalle identità e dalle persone più vicine all’artista.

L’opera è stata realizzata nel 2022, nel periodo in cui scoppiava la Guerra tra Russia e Ucraina, presente, simbolicamente, anche nella tela.