Lunedì 7 marzo, alle ore 11, nella sala giunta della Provincia di Lecce, verrà sottoscritto il Protocollo d’intesa finalizzato all’adozione di un codice di comportamento contro le molestie sessuali e il mobbing sul luogo di lavoro. A siglarlo saranno il presidente della Provincia di Lecce Stefano Minerva, la consigliera di Parità della Provincia di Lecce Filomena D’Antini Solero, l’assessore alla Formazione e Lavoro della Regione Puglia Sebastiano Leo, il presidente di Confindustria Lecce Nicola Delle Donne.
Con questo atto i sottoscrittori riconoscono il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori ad essere trattati con dignità e ad essere tutelati nella propria libertà personale; a denunciare le eventuali intimidazioni o ritorsioni subite sul luogo di lavoro derivanti da atti ostili o comportamenti molesti; ad un ambiente di lavoro sicuro, sereno e favorevole alle relazioni interpersonali, su un piano di uguaglianza, reciproca correttezza e rispetto; il dovere dei lavoratori e delle lavoratrici nonché delle imprese a collaborare per il mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza.
La consigliera di Parità della Provincia di Lecce, l’assessorato alla Formazione e Lavoro della Regione Puglia, la Provincia di Lecce e Confindustria di Lecce si impegnano a dare ampia diffusione al Codice di comportamento all’interno dei propri enti e delle aziende del territorio provinciale.
“Nelle disposizioni Comunitarie”, si legge nel Codice, “s’intende per molestie sessuali, “ogni atto o comportamento indesiderato, anche verbale a connotazione sessuale arrecante offesa alla dignità ed alla libertà della persona che lo subisce, ovvero che sia suscettibile di creare un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o umiliante nei suoi confronti”.
“In particolare rientrano nella tipologia della molestia sessuale comportamenti quali: apprezzamenti verbali e sgradevoli ammiccamenti a carattere sessuale; richieste implicite o esplicite di rapporti sessuali non graditi; gesti o ammiccamenti sconvenienti e provocatori a sfondo sessuale; le foto pornografiche o altro materiale analogo esibito inopportunamente nei luoghi di lavoro; i messaggi scritti, lettere, biglietti, telefonate insistenti, comunicazioni informatiche a sfondo sessuale o gli oggetti, pesantemente allusivi; i contatti fisici intenzionali indesiderati; promesse esplicite o implicite di carriera o di agevolazioni e privilegi in cambio di prestazioni sessuali; intimidazioni, minacce e ricatti subiti per aver respinto comportamenti finalizzati al rapporto sessuale”.
“Per mobbing s’intendono atti e comportamenti discriminatori o vessatori protratti nel tempo, posti essere nei confronti di lavoratrici e lavoratori da parte dei datori di lavoro o da soggetti in posizione sopra-ordinata, da colleghi, o da sottoposti nei confronti del superiore, che si caratterizzano come vera e propria persecuzione psicologica o di violenza morale. Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro e atti idonei a compromettere la salute e la professionalità e la dignità della lavoratrice o del lavoratore nell’ambito dell’ufficio, reparto, ecc. di appartenenza, o addirittura tali da escluderla dal contesto lavorativo di riferimento”.
Gli atteggiamenti mobbizzanti (reiterati e protratti nel tempo, sistematici, mirati a danneggiare la persona), incidono negativamente sia sui singoli individui, sia sui gruppi di lavoro, sia sul “clima” aziendale.
“Le forme di persecuzione psicologica che possono costituire indice di comportamento mobbizzante sono varie, quali ad esempio: attacchi alla reputazione, creazione di falsi pettegolezzi, insinuazioni malevole, segnalazioni diffamatorie; attribuzioni di errori altrui; isolare in modo esplicito il lavoratore/lavoratrice oppure boicottarlo; carenza di informative o informazioni volutamente errate al fine di creare problemi o mancata trasmissioni di informazioni; controlli e sorveglianza continui senza che il lavoratore lo sappia e con l’intento di danneggiarlo; minacce di trasferimenti, apertura di corrispondenza; ingiustificata rimozione da incarichi già ricoperti, svalutazione dei risultati ottenuti”, si legge ancora nel Protocollo.
Al fine della risoluzione delle situazioni che dovessero crearsi, le figure di riferimento sono: la consigliera provinciale di parità e il responsabile delle risorse umane o chi, nell’ambito aziendale, viene delegato.
La lavoratrice o il lavoratore che ritenga essere vittima di molestie sessuali o mobbing può scegliere fra diverse procedure di denuncia e di eventuale composizione della conseguente situazione: procedura informale e riservata; il ricorso all’arbitrato; denuncia formale. Ognuna è spiegata nei dettagli all’interno del Protocollo.
Inoltre, particolare attenzione dovrà essere posta alla formazione dei dirigenti, che dovranno pertanto essere impegnati a promuovere e diffondere la cultura del rispetto della persona volta alla prevenzione delle molestie sessuali e del mobbing nei luoghi di lavoro.
Infine, i sottoscrittori si impegnano affinché siano fatte assemblee informative congiunte con le organizzazioni sindacali territoriali, per promuovere e diffondere tra le lavoratrici ed i lavoratori questo Codice di Comportamento contro le molestie sessuali e il mobbing.