C’è una linea che connette circa un secolo e mezzo di storia della pittura in Puglia che si potrebbe assimilare con una vera e propria storia del paesaggio: investigato, amato, sognato, vissuto e idealizzato, che unisce le esperienze di chi, grazie al rapporto con Napoli, nell’Ottocento è entrato pienamente nello spirito del tempo – percorrendo le strade già tracciate in ambito partenopeo sul fronte della pittura di paesaggio –, o di chi ha visto nell’Oriente una meta (vissuta o soltanto immaginata) di riferimento per viaggi reali o trasognati attraverso la pittura.
Il Novecento ha ribadito tali attitudini, investigando però temi e prospettive capaci di farci osservare lo sviluppo urbanistico dei centri abitati mediante sguardi profondi, oppure estraniandosi dalla realtà per restituirci impossibili paesaggi.
Tutto si è giocato infatti nel dualismo tra osservazione e costruzione; al centro c’è sempre stata (e c’è) l’immagine. Stanislao Sidoti, Giuseppe Casciaro, Vincenzo Ciardo ed ancora Nino Della Notte, Michele Massari e molti altri hanno attraversato oltre un secolo di storia dell’arte in Terra d’Otranto con un impegno sistematico nei confronti del paesaggio, che da tema è divenuto linguaggio. E le immagini sono divenute tracce per una possibile ricostruzione emotiva e paradigmatica di luoghi, energie, spazi aperti della visione, perché di questo parliamo quando interagiamo con la pittura.
Su questo solco, legato a un’osservazione diretta del paesaggio – un vero e proprio allenamento dello sguardo – oggi lavora, silenziosamente, Misia Mavilia.
La sua torre d’avvistamento è Otranto, spazio di luce, arroccata tra cielo e mare che ha ispirato alcuni artisti anche negli ultimi decenni, basti pensare a Carlo Cego e ad Alina Kalczyńska Scheiwiller.
È in questa capitale dell’Adriatico che attraverso la sua pittura esplora palmo a palmo il paesaggio, immergendosi con grande energia nei campi di grano, nelle immense distese di fiori e piante spontanee, in quella macchia mediterranea che disegna i perimetri arroccati tra i muri a secco di fronte al mare ai piedi del faro di Punta Palascia, altro luogo fondamentale per comprendere gli sviluppi di un pensiero meridiano.
E poi le torri costiere, le rocce che improvvisamente ti fanno percepire la grandezza di una natura che ha subito trasformazioni rivoluzionarie nei millenni e che Misia Mavilia riesce a sintetizzare in un unico frame denso di pittura vibrante.
Il Panismo è un altro dei punti cardinali che regolano il lavoro di Misia Mavilia, attraverso un’immersione totalizzante nei ritmi, negli odori, nelle forme e nei colori di una natura in costante trasformazione, che si rivela ai suoi occhi attraverso una bellezza sconfinata.
La pittura è il mezzo che riesce a trasformare un’esperienza privata in un racconto destinato alla collettività, senza voler mai sfociare in una visione immaginifica, perché poi Misia Mavilia è una pittrice che indaga anzitutto il reale.
È la bellezza di chi considera il paesaggio uno spazio del pensiero e dell’anima, prima ancora che un luogo fisico da investigare: ed è per questo che le opere di Misia Mavilia sono un vero e proprio rifugio in cui contemplare metamorfosi, personali e collettive, da uno spazio privilegiato di osservazione. La pittura si fa gesto, talvolta veemente, le spatole costruiscono brandelli di cromie che si sovrappongono energeticamente ed è in questa stratificazione di materia che si rivela paradossalmente l’integrità visiva di un luogo dalle mille sfaccettature.
L’artista ha costruito, con l’ausilio di una immaginaria lente d’ingrandimento, dei dettagli di fili d’erba e di campi di grano, consentendo al nostro sguardo di penetrare il tessuto invalicabile di una natura segreta. Altre volte consente ai nostri occhi di rifocillarsi in una spazialità sconfinata di una marina o di un cielo terso. Ma c’è un altro punto che contraddistingue il suo lavoro: la ricerca costante di un orizzonte, talvolta evidente, altre no, che si rincorre nelle grandi e medie tele della sua produzione recente.
Volontaria estraneità ad alcune questioni che riguardano l’arte contemporanea.
Natura Naturans, quindi, è il titolo di questa mostra che intende evidenziare gli ultimi sviluppi di una ricerca che considera la pittura un linguaggio per esprimere un rapporto intimo con ciò che è attorno a lei, attorno a noi. Ma è anche un monito, per guardarci attorno, per guardarci dentro.
Lorenzo Madaro